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martedì 21 aprile 2009

Quale modello per la Medicina Complementare in Lombardia

di Emilio Minelli La Medicina Tradizionale, Complementare e Alternativa (MT/MCA), sebbene abbia spesso in alcuni suoi aspetti radici millenarie, costituisce per molti versi un fenomeno nuovo nel panorama delle risposte alla domanda di salute della popolazione. Diffusasi in Occidente spesso in maniera spontanea e priva di regole, non può più essere considerata un fenomeno marginale. Circa il 20% della popolazione lombarda la utilizza in maniera abituale e molti medici la propongono ai loro pazienti come opportunità terapeutica per patologie che, spesso, non sono né lievi né banali ma, piuttosto, patologie per cui non vi sono altre risposte o per cui le risposte della medicina convenzionale sono considerate insoddisfacenti. Di fronte a un fenomeno del genere è quindi opportuno definire un quadro generale di utilizzo, che tuteli il paziente e che garantisca un quadro eccellente di erogazione delle prestazioni oltre che la loro appropriatezza. Per contro, la novità di queste metodiche, non consente di rintracciare itinerari già preordinati e impone, quindi, la necessità di tracciare percorsi nuovi. Secondo l'OMS, per una azione incisiva a tutela dei pazienti è di fondamentale importanza: -individuare i benefici della MT/MCA; -individuare i rischi connessi all'utilizzo della MT/MCA; -promuovere l'informazione per il consumatore e l'utilizzo appropriato della MT/MCA, da parte dei consumatori, e implementare il livello di consapevolezza e informazione del paziente che usa prodotti di MT/MCA in autoprescrizione, in particolare nel caso di donne in gravidanza o in allattamento, di anziani e di adulti che, eventualmente, trattino bambini con prodotti di MT/MCA in autoprescrizione; -vigilare sulla sicurezza delle terapie di MT/MCA e promuovere una più completa e approfondita conoscenza delle possibili interazioni e controindicazioni sia tra prodotti di MT/MCA che tra questi e farmaci della medicina biologica; -promuovere la formazione, il riconoscimento e l'individuazione da parte del pubblico di operatori qualificati; -promuovere la conoscenza dei costi della MT/MCA e di una loro eventuale copertura assicurativa. Molte delle azioni individuate nel presente documento costituiscono scelte strategiche anche di Regione Lombardia nell'ambito più globale del management della salute. Ciò ha portato Regione Lombardia, con un Memorandum of Understanding, siglato a Milano nel maggio 2003, a porre in atto una stretta cooperazione con l'OMS, allo scopo di promuovere politiche sanitarie che potessero contribuire a porre in essere quegli strumenti culturali, normativi e regolatori che, in uno sforzo congiunto della società civile e degli enti istituzionali consentissero alla popolazione lombarda di rivolgersi anche alla MT/MCA in maniera informata, sicura ed efficace. Tutta la tematica è stata oggetto di una ricerca condotta congiuntamente dal Consorzio Milano Ricerche (prof. Emilio Minelli), del Centro di ricerche in bioclimatologia, biotecnologie e medicine naturali, Centro collaborante OMS per la Medicina Tradizionale, dell'Università degli Studi di Milano (prof. Umberto Solimene) e del Dipartimento di Scienze dell'economia e della gestione aziendale, Facoltà di Economia dell'Università Cattolica del Sacro Cuore (prof. Antonio Liverani). Il 5 maggio 2009 presso la Università degli Studi di Milano, Sala Crociera Alta si terrà il convegno, organizzato da Regione Lombardia DG Sanità, in collaborazione con l'Istituto Regionale di Ricerca (IReR), il Centro Collaborante OMS per la Medicina Tradizionale dell'Università degli Studi di Milano e l'Università Cattolica del Sacro Cuore, dal titolo " Quale modello per la Medicina Complementare in Lombardia" in cui avverrà la presentazione della ricerca "Studio sull'implementazione delle Linee guida OMS per lo sviluppo dell'informazione al consumatore e per l'utilizzo appropriato della Medicina Complementare in Lombardia" (Cod. IReR 2007B076), commissionata a IReR (Istituto Regionale di Ricerca della Lombardia) dalla Direzione generale Sanità della Regione Lombardia. Sarà questa la prima occasione in cui realtà del mondo della medicina complementare e realtà istituzionali, in Regione Lombardia, si troveranno attorno a un tavolo di fronte alla provocazione della integrazione in medicina.

lunedì 20 aprile 2009

Testamento biologico, sul ddl dubbi e ombre

di Sergio Fucci* Alcune delle norme contenute nel Ddl sul consenso informato e sulle Dichiarazioni anticipate di trattamento (approvato a fine marzo dal Senato) violano il fondamentale principio che impone allo Stato laico di rispettare il pluralismo etico di una società multiculturale, multietnica e multireligiosa come quella in cui viviamo. Solo uno Stato etico può pretendere che tutti i cittadini si conformino a una sua concezione non neutrale della società, fondata sul discutibile principio che la vita umana è inviolabile e indisponibile non solo da parte dei terzi - come è ovvio - ma anche da parte del soggetto interessato cui è precluso anche il rifiuto delle cure salvavita, indesiderate perché vissute come un accanimento. In particolare, il ddl è connotato da forti elementi ideologici diretti a negare tutela all’idea di dignità e di persona che ciascuno si costruisce nel corso della propria esperienza di vita e che, talvolta, può comportare il rifiuto di vivere in condizioni di salute estremamente precarie ovvero tali da non consentire di mantenere alcuna seria relazione con il mondo esterno, come avviene negli stati vegetativi permanenti. Oltre a utilizzare espressioni non corrette sul piano giuridico, poi, il disegno di legge non è rispettoso della deontologia medica e presenta alcuni profili di probabile illegittimità costituzionale. Il Codice etico della Fnomceo approvato nel 2006, infatti, ribadisce che il medico deve astenersi dal compiere sul corpo del malato attività da questi consapevolmente rifiutate e riconosce il fondamentale valore dei desideri espressi anticipatamente dall’interessato prima di perdere la sua capacità decisionale. Il ddl, invece, non contiene elementi chiari al riguardo, essendo stati eliminati i riferimenti al diritto del malato a rifiutare qualunque trattamento sanitario e il conseguente dovere del medico di astenersi, salva la possibilità di sollevare l’obiezione di coscienza. Appare poi offensivo della dignità professionale del medico affermare che la legge garantisce al malato che il camice bianco davanti ad un paziente in stato di fine vita o in condizioni di morte prevista come imminente, «debba astenersi da trattamenti straordinari non proporzionati, non efficaci o non tecnicamente adeguati rispetto alle condizioni cliniche del pazienti e agli obiettivi di cura». Questa garanzia, invero, non può derivare da una norma di legge, ma solo da una concezione etica della medicina che rifiuti una visione ideologica dei suoi scopi e, quindi, non accetti di compiere attività integranti «accanimento terapeutico» non solo sul piano strettamente scientifico, ma anche nella prospettiva del paziente, come ben delineato nel vigente codice deontologico. D’altra parte, non essendovi una definizione normativa di «trattamento straordinario» e «non proporzionato», e sussistendo nella stessa scienza medica opinioni divergenti sul punto davanti al singolo caso, queste espressioni, nella loro estrema genericità, rischiano di creare solo occasioni di contenzioso con il paziente o la sua famiglia. Affermare, inoltre, che l’attività medica è «esclusivamente finalizzata alla tutela della vita e della salute nonché all’alleviamento della sofferenza» implica una forte contraddizione perché vi sono situazioni nelle quali è giusto e opportuno astenersi da una tutela ideologica del bene vita e accettare la prospettiva di cercare solo di esaudire il desiderio del morente di essere accompagnato all’exitus con terapie che ne rendano meno doloroso l’inevitabile trapasso. Il diritto di ciascuno alla tutela della vita umana attraverso le migliori cure disponibili offerte dalla scienza medica, giustamente «garantito anche nella fase terminale», non può essere trasformato in un dovere di curarsi sempre e comunque una volta al cospetto del medico. Altrimenti si viola il precetto costituzionale secondo il quale un trattamento sanitario obbligatorio può essere imposto solo se tutela contemporaneamente la salute dell’individuo e l’interesse della collettività a evitare che la malattia del singolo leda la salute dei terzi, come avviene, per esempio, con le vaccinazioni obbligatorie. Non appare corretto, infine, l’avere imposto soltanto al Mmg il compito di raccogliere le Dichiarazioni anticipate di trattamento, (Dat) perché ci sono situazioni nelle quali è giusto e opportuno che questo compito venga affidato al medico che in ospedale o nell’hospice si prende cura del malato. L’auspicio, quindi, è quello che i deputati, dopo un’opportuna pausa di riflessione, correggano le anomalie contenute nel Ddl in oggetto, regolando diversamente la materia. * professore a contratto di Bioetica alla facoltà di Giurisprudenza dell’ Università dell’Insubria

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Medico-Chirurgo ,diplomata in Agopuntura e MTC , Esperta in Omeomesoterapia Antalgica ed Estetica